“Benessere animale e produzione avicola: Cominciamo a parlare delle uova e delle galline..” – Discorso di Caterina Regazzi per l’Equinozio di Autunno 2010
Premessa
Dato che io sono una persona che ha sempre il timore di urtare o peggio ancora di offendere qualcuno, faccio questa premessa:
cerco di essere sempre obiettiva nelle mie affermazioni, almeno da qualche anno a questa parte, quindi mi piace descrivere le cose come si presentano e senza farmi condizionare da dei preconcetti. E’ ovvio che i miei “occhi” e la mia vista possono a volte essere oltre che un po’ “cecati” anche un po’ distorti.
Mi considero una specie di San Tommaso, ma non nel senso che non credo a quello che non vedo, ma che credo solo a quello che vedo. Non intendo per vedere solo il senso della vista ovviamente, ma anche tutti gli altri sensi sono coinvolti, ed anche il “sentire”, i sensi però sono sempre influenzati dalla mia propria sensibilità.
Cioè, in fondo, quello che ho scritto e che fra poco vi leggerò, voleva essere un discorso obiettivo, ma mi rendo conto da sola che la mia visione deriva dalla mia propria sensibilità.
Ognuno ha la sua, quindi voi recepirete il mio discorso secondo la vostra, quindi potrete essere d’accordo o meno. L’importante, per me, è lasciare la mente e il cuore aperti.
In vista dell’incontro del 23 settembre 2010 (vedi http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/09/01/tradizione-contadina-in-emilia-il-23-e-24-settembre-2010-%e2%80%9dequinozio-di-autunno-e-luna-piena-tavole-rotonde-e-mostra-darte-su-cultura-contadina-ed-archetipi-animali%e2%80%9d-la-celebr/) , in cui si parlerà di agricoltura e animali, ed in particolare galline e cani ed essendo auspicabile, anche se non obbligatorio, un mio intervento, mi sono apprestata ad effettuare un sopralluogo nell’unico allevamento di galline ovaiole del territorio della mia USL.
Già in precedenza mi ero documentata sulla normativa sul benessere delle galline ovaiole, almeno la più recente, andando anche ad informarmi (benedetto internet, come al solito), capitandoci per caso, sul sito della LAV (Lega Anti Vivisezione).
Premetto che ritengo di essere un’amante degli animali e della natura in genere, ma non un’animalista sfegatata.
Non sono stata mai molto amante di questa organizzazione che mi pareva si interessasse tanto degli animali e per niente degli esseri umani. Dato però che una cosa non esclude l’altra ed ognuno dovrebbe (?) seguire la sua natura e quindi le sue propensioni, ho cercato di non farmi condizionare dai miei preconcetti, anzi, di lasciarli nel cassetto.
Questo riferimento alla LAV lo faccio, non per copiare quelle che sono le cognizioni e le interpretazioni della situazione da parte loro, mi interessa solo il punto di vista di un’organizzazione che in buona sostanza rispecchia quello che una certa opinione pubblica pensa, e sta appunto diventando sempre più “animalista” nel senso un po’ dispregiativo che io do a questo termine,
E’ quell’animalismo POCO sano (per me) che fa si che ad un Servizio veterinario neanche di città come il mio pare che arrivino quotidianamente denunce di maltrattamento di animali (per lo più d’affezione, tipo cani e gatti) per delle inezie, per esempio perché il gattino del vicino di fronte è stato lasciato per qualche ora chiuso in balcone o perchè il cane dell’altro vicino sta sempre chiuso nel recinto o perché l’altro cane presenta qualche crosta qua e là sul corpo (magari ha la leishmaniosi) oppure è troppo magro (magari è un levriero), ma della vecchietta che vive da sola, con difficoltà di tutti i tipi, nessuno se ne interessa (per non usare un’altra parola).
Molte persone dicono: “Chi non ama gli animali non ama neanche le persone”, questo a volte può anche essere vero, ma può essere vero anche il contrario “Chi ama gli animali lo fa perché non ama le persone o meglio, non si sente amato dalle persone” e così via.
Secondo me bisognerebbe considerare tutti gli esseri viventi alla stessa stregua, gli animali non sono migliori degli esseri umani e gli esseri umani non sono migliori degli altri animali.
Ogni essere ha il suo posto nel gioco della vita (e della morte, che fa parte della vita).
Poi ognuno è libero di pensarla come vuole.
Quindi, scorrendo il sito della LAV, ho voluto “prendere visione” del parere di questa parte dell’opinione pubblica. Ovviamente è solo un punto di vista, per quanto difficile da confutare, se non con un “Ma le cose sono sempre andate così!” o, meglio “Ormai sono così da tanto tempo!”
Non so di preciso da quanto tempo sono sorti gli allevamenti di galline ovaiole in batteria, ho guardato un po’ sempre su Internet e per gli allevamenti intensivi in genere si parla del secondo dopoguerra, ma io credo che il tutto almeno qui in Italia e specialmente in certe regioni, sia ancora più recente.
Per molte persone poi l’allevamento intensivo in genere e quindi la possibilità di reperire facilmente sul mercato prodotti di origine animale A BASSO COSTO è un fattore indice di progresso. Ne siamo sicuri?
E’ giusto che per comprare un paio di jeans siamo disposti a spendere più di 100 euro e per comprare una confezione di 6 uova 2 euro ci sembrano troppe?
L’allevamento che ho visitato il 2 settembre u.s. è un allevamento da 15000 galline ovaiole in batteria, con gabbie tradizionali. Secondo la normativa vigente, in queste gabbie, ogni gallina deve disporre almeno di uno spazio di 550 cm quadrati (poco più di 25 per 25, si dice comunemente “un foglio A4″), di uno spazio mangiatoia di 10 cm, di un abbeveratoio della stessa lunghezza o, se è raccordo 2 per gabbia; la gabbia deve essere alta almeno 40 cm per il 65% di superficie, e non inferiore, in ogni punto, a 35 cm. Queste gabbie, che vengono definite dalla normativa “non modificate” saranno vietate dal 1 gennaio 2012.
Le uova prodotte in questo allevamento vengono inviate all’industria, tranne una piccola parte che viene venduta presso l’azienda stessa ai privati. Cosa vuol dire? Queste uova vengono sgusciate, vengono separati il tuorlo dall’albume, e poi, entrambe le parti vengono pastorizzate per essere impiegate prevalentemente nei pastifici e nell’industria dolciaria.
Queste uova vengono vendute a peso e sapete quanto percepisce l’allevatore? In un chilo di uova ci sono circa 15 uova. Quanto costano secondo voi, dal produttore 15 uova? 0,70 euro cioè ogni uovo costa 0,05 euro che se non sbaglio fa poco meno delle vecchie 100 lire.
Mi piacerebbe sapere quanto la grande distribuzione, per non far nomi, paga le uova da vendere fresche (o extra fresche) al produttore.
E noi, in ultima analisi, questo benedetto uovo non potremmo pagarlo anche 50 centesimi, considerando che due uova sono un secondo più che sufficiente?
I titolari dell’allevamento da me visitato sono due coniugi di età avanzata (oltre la pensione da un bel po’) che non hanno ancora deciso cosa fare quando il primo gennaio 2012 le gabbie tradizionali saranno vietate per legge. Rinnovare l’impianto ha dei costi esorbitanti e mancando una figliolanza che segua l’attività…….. Ho chiesto loro gli inconvenienti di modificare l’impianto secondo le normative, dal punto di vista pratico, a parte quello economico: uova rotte, uova sporche, maggior impegno per la raccolta (quindi maggiore manodopera e più scarti). Ho chiesto anche: “Ma se un uovo, invece che a quei prezzi, vi venisse pagato anche solo il doppio, potrebbe valerne la pena?”
Ai posteri l’ardua sentenza, vedremo, se dopo il 1 gennaio del 2012 i prezzi delle uova saliranno, se ci sarà la crisi delle uova. Sicuramente l’industria, che, col libero mercato, si può approvvigionare all’estero di prodotti pastorizzati si rivolgerà altrove. Sarà una perdita ulteriore di posti di lavoro (ma tanto ormai in agricoltura nessuno ci vuole più lavorare e noi siamo qui oggi per contrastare questa tendenza cercando di riscoprirne gli aspetti positivi).
La visita all’allevamento.
Ho voluto approfittare di questa visita per il controllo della produzione del mangime, anche per dare un’occhiata e valutare il benessere.
Non si trattava di misurare ampiezza delle gabbie e lunghezza delle mangiatoie, ma osservare l’atteggiamento degli animali e farmi un’idea (molto parziale, ne convengo) sul fatto se fossero o meno felici. Ma cos’è poi la felicità per una gallina?
Entrando nell’allevamento per prima cosa ho percepito il rumore di fondo, ancora prima di vedere gli animali. Avete presente quel “coooo!” che fa la gallina che ha fatto l’uovo? Beh, lì c’era una musica di tante di quelle voci che si sovrapponevano, senza alcuno starnazzare o strillare. Buon segno. Ho cominciato ad avvicinarmi alle gabbie e guardandole di profilo si vedeva una marea di colli e testa che spuntavano fuori e becchettavano nelle mangiatoie. Mi sono avvicinata ancora e, accidenti, l’ho fatto un po’ troppo bruscamente e sono andata troppo vicino. Le galline della gabbia a cui mi sono avvicinata di più di sono evidentemente spaventate, mi hanno girato il culo starnazzando e si vedeva poverine che cercavano di scappare da me, la sconosciuta importuna, ma purtroppo la gabbia le teneva bloccate lì (erano 3).
Ho visto l’allevatore seriamente preoccupato e con la sua voce, cercava di calmarle. 2-3 minuti e tutto è passato. Gli animali hanno ripreso a becchettare oserei dire “beate”. Non ho visto segni di lotta fra gli animali e neanche lesioni su alcune parti del corpo. Le galline erano si debeccate ma in maniera impercettibile, quasi quasi non si vedeva neanche. Non c’erano odori sgradevoli, né accumulo di ammoniaca o aria viziata. Il piumaggio era quello delle ovaiole che producono molto, un po’ spennacchiate, si, lo erano.
La gallina di Paolo a Calcata che faceva ……… ogni quanto faceva l’uovo, Paolo?, aveva decisamente un piumaggio migliore.
Quando ho fatto l’Università io in zootecnia ci insegnavano che se un animale sta male non produce. Secondo questo concetto l’allevatore mi ha detto: Se stessero male non farebbero tutte queste uova.
Ho replicato che una donna per avere la sospensione delle mestruazioni, deve stare non male, ma malissimo: deve essere tossicodipendente, fortemente denutrita, fortissimamente stressata. L’attività riproduttiva non è neanche un istinto, ma una necessità biologica, il nostro corpo ci dedica tutte le risorse possibili,(ma noi non lo ascoltiamo); in alcuni selvatici in cattività si che c’è la sospensione della riproduzione, ma per un selvatico (e non per tutti) la cattività è uno stress evidentemente eccessivo.
In conclusione: quelle galline erano felici o no?
Noi esseri umani che spesso invece di starcene all’aria aperta viviamo la maggior parte delle nostre giornate in un ufficio, un ambulatorio, una fabbrica, un cinema, un teatro, una scuola o bene che vada, a casa nostra, non siamo un po’ dei polli d’allevamento come diceva Giorgio Gaber?
Caterina Regazzi
Medico veterinario